Libertà di stampa

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Il sito di Repubblica riporta un appello, che riporto integralmente qui sotto.
Qui non è una questione di "politica" nel senso sporco di "partitismo".
Qui la questione è di politica in senso nobile, di "questioni pubbliche".
C'è in gioco la credibilità di un Paese, il nostro, che è una potenza mondiale.
Noi che lavoriamo e godiamo del lavoro altrui in campo creativo abbiamo il diritto ed il dovere di difendere la libertà di parola: se si permette ad un'autorità di mettere in discussione un organo di stampa grande e che ha i mezzi per difendersi, quando qualcuno vorrà imbavagliare uno di noi per un suo capriccio, chi vincerà? La giustizia o il denaro?




L'APPELLO DEI TRE GIURISTI

L’attacco a "Repubblica", di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia. Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere.


Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.


Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.


Franco Cordero

Stefano Rodotà

Gustavo Zagrebelsky


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(sì, stesso link di cui sopra... Non siate pigri!)

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